giovedì 11 novembre 2010

"Non serve una tessera per essere comunisti"

E' morto lunedì sera, a Roma, Aldo Natoli. Comunista, medico, detenuto sotto il fascismo, partigiano. Consigliere comunale nella Roma del "sacco" e parlamentare. Fondatore de il Manifesto, studioso profondo di Gramsci e della storia.
Aveva 97 anni, è vissuto più del "secolo breve". Se lo è vissuto tutto, partecipando. La frase che ho scelto per titolo di questo piccolo post è quanto disse Natoli al XII Congresso nazionale, dove il Comitato centrale lo radiò insieme a Luigi Pintor e Rossana Rossanda per le loro parole e idee troppo ribelli e distanti dall'allora Pci impresse sul Manifesto, ancora solo mensile.

Questo è il ricordo della Rossanda: ilmanifesto.

venerdì 15 ottobre 2010

Saviano vede Israele?


Riporto la bella lettera scritta da Caterina Donattini, che si trova in un campo profughi palestinese, a Roberto Saviano che qualche giorno fa, precisamente il 7 ottobre, ha partecipato alla manifestazione a Roma "Per la verità! Per Israele!". Un'iniziativa organizzata da Fiamma Nirenstein, deputata del Pdl e colona che vive in Israele nella colonia illegale di Gilo, il cui recente ampliamento è stato condannato dall'Onu. Una manifestazione su cui sono intervenuti anche gli ebrei che si dichiarano contro l'occupazione con un loro documento. (Qui trovate tutti quelli che hanno aderito: http://www.fiammanirenstein.com/articoli.asp?Categoria=6&Id=2431).
In questa manifestazione Saviano ha parlato di Israele come di "una democrazia sotto assedio".

"Caro Roberto,

ti scrivo da un uno dei molti campi profughi palestinesi del Medio Oriente, la vera verità di Israele, le sue fondamenta... Ti scrivo da Yarmuk, in Siria, dove mi trovo ora. I Palestinesi che vivono qui sono l'immagine vivente dell'ospitalità di Israele, che tu hai lodato qualche giorno fa.

Perché 100mila palestinesi sono qui ammassati e non nelle loro belle case di Haifa, Salfid, Nablus, Gerusalemme? Ti scrivo oggi, ma avrei voluto farlo da tempo, da quando cioè hai iniziato a pronunciarti su un argomento fisicamente lontano alla camorra ma pur sempre vicino a tematiche universali quali la giustizia e l'onore delle persone che desiderano vivere in giustizia: Israele.

Il 7 Ottobre scorso hai esplicitato le tue idee in proposito durante il discorso all'evento promosso da Fiamma Nirestein, Verità per Israele. Hai parlato di Tel Aviv quale città di tolleranza. Hai parlato di Israele quale accogliente democrazia sotto assedio. Ciò mi ha molto colpito, davvero non capisco come un intellettuale del tuo spessore possa pronunciarsi senza essersi prima documentato.

Ho vissuto in Palestina fino al luglio scorso, dal mio balcone potevo osservare i confini di Gilo, uno degli insediamenti illegali condannati dal diritto internazionale, quello dove la Signora Nirestein, tua ospite, pare abbia comprato una casa. Quei confini si espandevano sotto i miei occhi mentre leggevo il tuo libro, Gomorra, apprezzandone infinitamente la scrittura e la passione intrinseca. Quella stessa passione aveva condotto me in Palestina. Lo stesso desiderio di fare chiarezza, dire al mondo la verità, scoprire il vero significato dell'onore, di cui tu stesso parli spesso: "Spingersi ad agire indipendentemente dalle conseguenze per il solo fatto di credere che esistano delle cose che hanno un valore universale ed è impossibile rinunciarvi a qualunque costo e soprattutto indipendentemente dalle conseguenze". Quell'onore io l'ho visto incarnarsi negli occhi di N. quando rinunciava a collaborare con gli Israeliani e per questo condannava la figlia a rimanere senza cure ospedaliere, questo onore l'ho visto negli occhi di A. quando arrivava a lezione sanguinante dopo essere stato picchiato selvaggiamente ad un check point, quell'onore è dei ragazzini che tirano pietre contro soldati armati di tutto punto. L'onore di un popolo che resiste contro una forza occupante e contro un progetto coloniale che ha molte similitudini con quello dell'Apartheid Sudafricana. L'onore di chi lotta per i propri diritti, riconosciuti da molteplici dichiarazioni delle Nazioni Unite, dalla Corte Internazionale di Giustizia, dalla Comunità Europea.

Qual è l'onore di Israele? Qual è l'onore di un progetto coloniale che ha causato 7 milioni di profughi, 8000 prigionieri politici (di cui 305 bambini secondo quanto documentato da Defence for Children International), che ha trasformato un paese in un formaggio groviera, scavando sotto i piedi della popolazione tunnel e autostrade per soli ebrei, costruendo sulle pendici delle colline insediamenti illegali per soli ebrei, bloccando le strade che portano i contadini palestinesi ai propri campi e alle loro case, che ha sradicato come carote uliveti millenari? Non sto mentendo Roberto, ogni cosa che dico è stata selvaggiamente documentata, selvaggiamente ed inutilmente, a quanto pare. Uno dei maggiori successi della propaganda israeliana è l'oscuramento della realtà storica e politica dell'occupazione del territorio palestinese da parte di Israele. Quando dici che Israele è un paese accogliente dovresti infatti pensare ai 7 milioni di profughi palestinesi nel mondo che non hanno beneficiato di tale generosità. Quando definisci Israele una democrazia dovresti sapere che un cittadino israeliano arabo non ha gli stessi diritti, quando si sposa o compra casa, di un cittadino ebreo. Dovresti interrogarti sulla contraddizione insita all'espressione con cui Israele stesso si definisce: Stato Ebraico e Democratico. Chi non è ebreo beneficerà di tale democrazia?

Dovremmo infine tutti interrogarci sulla storia di Israele, quando ci avventuriamo a descriverne la verità. Tale storia ci narrerà gli eventi della pulizia etnica perpetratasi a danno del popolo indigeno palestinese, dal 1948 fino ad oggi. Diversi storici israeliani hanno documentato questa realtà: Ilan Pappe, Avi Shleim, Benny Morris. Quella storia ci farà capire che non abbiamo di fronte due popoli che lottano sullo stesso piano, con pari diritti: ma un popolo colonizzatore ed un popolo indigeno, un oppressore e un oppresso. E la verità avrà altri occhi. D'altronde, lo hai ricordato tu stesso, "verità e potere non coincidono mai". Per questo ci si deve allontanare dal potere per avvicinarsi alla verità. Ecco perchè ti invito in Palestina: in Shoada Street, a Balata, a Male' Adumim. Laggiù anche le domande più acute si dimostrano inutili di fronte all'evidenza di un progetto, di fronte agli occhi umani a cui quel progetto vuole strappare lo sguardo. E sono certa che lo scrittore di Gomorra non potrà che capire.

Caterina Donattini"
Riporto anche l'intervento di Vittorio Arrigoni,

lunedì 4 ottobre 2010

Cuba

Fidel Castro è uno dei miei più grandi amici. Sono orgoglioso di essere fra quelli che appoggiano il diritto dei cubani a scegliere il proprio destino.
Le sanzioni che castigano i cubani per avere scelto l’autodeterminazione, si oppongono all’ordine mondiale che vogliamo instaurare. I cubani ci hanno donato tante ricchezze come l’istruzione per lottare e vincere. Sono un uomo leale e mai dimenticherò che nei momenti più oscuri della nostra patria, nella lotta contro l’apartheid, Fidel Castro era al nostro lato.


Questa frase è di Nelson Mandela. Pronunciata nella sua dichiarazione alla conferenza stampa con il presidente Bill Clinton a Città del Capo, in Sudafrica, il 27 marzo 1998. (Avrei voluto vedere la faccia di Clinton a sentire queste parole!!)
Invito tutti coloro che ne sanno poche su Cuba, che magari pensano di avere una loro opinione ma in fondo si rendono ben conto che si tratta solo dell'opinione che ci viene inculcata e che nulla di libero e personale c'è dentro questa loro idea, a leggere questo articolo di Gianni Minà.

Certo, già me li vedo quelli che stanno storcendo il naso e stanno per dire "Si, vabè, Minà difende sempre Cuba a spada tratta, che vuoi che ti dica". E invece no, per due ragioni: la prima è perché bisogna leggere tutte le opinioni e nessuno creda che leggere Repubblica, o altri, o vedere il Tg1, o altri, siano sinonimi di informazione scevra da opinioni; la seconda è che in questo articolo Minà riporta dichiarazioni di Obama, della Cia, di Amnesty International e Onu.

Lo so, è parecchio lungo, quindi ora proverò a riassumere i punti principali, anche se vi assicuro che merita di più spendere 5 minuti del proprio tempo a leggere l'originale che 2 a capire un riassunto. Ma tant'è. So che avete tutti sempre fretta e allora...un riassunto magari è meglio di niente.

L'articolo inzia dai numeri: ora a Cuba c'è un solo prigioniero politico. Si tratta di Rolando Jiménez Pozada, in carcere “per disobbedienza e per aver rivelato segreti di Stato”. I detenuti politici erano 27 lo scorso agosto, quando poi il ministro degli esteri spagnolo, Moratinos, insieme alla Chiesa cattolica riuscirono a intercedere su Raul Castro per la loro liberazione. Secondo Amnesty queste persone liberate erano state imprigionate per “aver ricevuto fondi o materiali dal governo degli Stati Uniti per porre in essere attività che la Revolución considerava eversive e pregiudiziali per Cuba”. Ma secondo il diritto internazionale, il finanziamento dall'esterno di una opposizione interna ad uno stato sovrano è illegale. La stessa cosa la dice Wayne Smith, capo dell’ufficio di interessi degli Stati Uniti a l’Avana dal 1979 al 1982, sotto il presidente Jimmy Carter. “Nessuno dovrebbe dare denaro ai dissidenti, e ancor meno con l’obiettivo di far cadere il governo cubano perché, quando si esplicita questo obiettivo, si mettono gli stessi dissidenti nella condizione di diventare agenti pagati da una potenza straniera per abbattere il proprio governo”.

Restiamo negli Usa. L'attuale presidente Barack Obama ha prorogato l’estensione della “Legge contro il commercio con il nemico”: legge che mantiene il blocco economico, commerciale e finanziario contro Cuba. Questo perché, ha scritto Obama di suo pugno, “la continuazione per un anno di queste misure riguardanti Cuba conviene agli interessi nazionali degli Stati Uniti”.
Minà, poi, sottolinea che Cuba è l'unico paese al mondo ad avere ancora questa misura: nel 2008 il presidente Bush la tolse anche alla Corea del Nord.
Da questo punto l'articolo parte in una raccolta di casi esemplari su cui la stampa internazionale ha taciuto (dalle fosse comuni in Colombia e Messico, fino al disastro cinese sui diritti umani), mentre si continua a fare una guerra mediatica contro Cuba.
Arrivo così alla fine dell'articolo, e della vostra pazienza forse, per dare un po' di date, numeri e citazioni.

1) In giro per il mondo, soprattutto nelle favelas del sud America, ci sono circa 70mila medici cubani che prestano il loro lavoro in luoghi dove spesso "non arrivano nemmeno le agenzie dell’Onu".

2) "Dalla Scuola di medicina de l’Avana, fondata 10 anni fa là dov’era la scuola della marina, sono già stati laureati più di settemila ragazzi, provenienti dai paesi più poveri del mondo, che hanno preso l’impegno di andare a esercitare la professione nei luoghi più impervi dei loro paesi".

3) In queste scuole ci sono perfino studenti dei ghetti delle grandi città nordamericane, che non avrebbero mai potuto diventare dottori nel paese più ricco del mondo. Non a caso, proprio Obama ha dichiarato: “L’impatto dei medici cubani nel sud del mondo è stato più vincente di molte nostre strategie politiche”.

4) "Qualche anno fa uno tsunami travolse le nazioni affacciate sull’Oceano indiano, l’Indonesia chiese all’Onu come organizzarsi in caso di ripetersi del terribile fenomeno. Bene, le Nazioni unite consigliarono di rivolgersi a Cuba, dove la Protezione civile era magari povera, ma efficientissima e organizzata".

5) Quando Cuba fu liberata dalla Rivoluzione castrista (questo ve lo scrivo io, ricordandomi del mio viaggio in quel Paese) l'Avana era "proprietà" di mafiosi americani e capitale americana (in questo caso intendo dell'intero continente) della prostituzione. A poche ore di volo da New York gente come Al Capone aveva i tropici e un paese dove poteva fare come gli pareva. L'Avana vecchia, ora patrimonio dell'Unesco, secondo i piani di Al Capone, supportati dagli Usa, sarebbe stata rasa al suolo per farci hotel a 5 stelle e locali notturni per statunitensi. Per fortuna è arrivato Castro.

6) E sulla prostituzione: che ne parliamo noi, con le nostre escort sdoganate, ha di certo un suo perché. Ma parlarne con il crocifisso al collo e scrollando il capo in tono moralistico, credo ci faccia fare ancora più una figura di merda.

lunedì 2 agosto 2010

I concerti-madre di Patti Smith


L'artista statunitense Patti Smith, poetessa, cantante, musicista e pittrice, si è esibita sabato scorso (31 luglio) a Civitanova Marche. Una delle tante tappe del suo tour We shall live again. Un titolo, questo, che prende spunto da una sua canzone, "Ghost dance" del 1978, che tratta dello sterminio delle popolazioni indigene d'America nei secoli dell'invasione europea.

Ogni concerto di Patti Smith è rigenerante, materno. Ti coccola e allo stesso tempo ti svela la meschinità di quanto ci circonda. Ma non tutto si esaurisce in quel pantano di guerre, potere ed egoismi che le parole e la musica di Patti Smith descrivono. "We shall live again". C'è una "resurrezione" che passa attraverso l'arte, la poesia, il rock e l'amore. Soprattutto, come spesso ripete lei stessa nei suoi concerti, bisogna essere forti e ribellarsi; usare la propria testa e il proprio cuore. Il suo è un richiamo al coraggio. Quello che ha avuto lei stessa quando, appena ventenne e già madre, è scappata dalla provincia e si è rifugiata a New York. Ha dormito per mesi tra metropolitane e parchi vivendo alla giornata, con qualche poesia e qualche lavoro in libreria. Fino all'incontro con un giovane e non ancora affermato Mapplethorpe e tutti gli artisti newyorkesi della fine degli Anni 60 e l'inizio dei 70. Il coraggio, insomma, di essere liberi, di tentare di opporsi al sistema e di essere "outside of society" come ha scritto in Rock 'n roll nigger.

Da molti anni seguo Patti Smith nelle sue peregrinazioni italiane e nella sua evoluzione artistica. I suoi ultimi album sono molto diversi da quelli iniziali e non sempre mantengono quella potenza e quella innovazione che hanno contraddistinto i primi venti - venticinque anni di produzione di Patti Smith. La sua voce, però, sembra migliorare nell'invecchiamento, proprio come il vino. E' sempre più pulita e precisa. Raggiunge tonalità molto profonde e cupe, quasi inusuali per una voce femminile. Garantisce una espressività fatta di vocalizzi mai banali e ripetitivi, volumi sempre diversificati per sottolineare il testo e un'intonazione sempre impeccabile. Una voce potente che cresce in sensibilità. (Una nota di non poco merito se si contano tutti i Grandi sfiatati...).

Sarò di parte, ma il mio consiglio è di non perdere nulla di questa donna, cantante e artista, che molto ha dato e continua a dare all'arte e al benessere di tutti noi. Lo fa in un modo discreto, senza troppe copertine e interviste, senza enfasi sul suo lavoro o sugli anni '70, senza considerarsi una diva, nè un mito, nè un'eroina. Sempre nei suoi panni comodi, ma senza più tante giacche di pelle, forse un po' vecchie per la sua età!

giovedì 24 giugno 2010

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia


Inizia oggi ad Ancona la seconda festa nazionale dell'Anpi e durerà fino a domenica 27 giugno. La stupenda Mole Vanvitelliana ospiterà artisti, forum, incontri, presentazioni di libri, concerti e spettacoli teatrali.
Ma perché proprio Ancona? I motivi sono molti.
Iniziamo con quanto ha detto il presidente regionale dell'Anpi Nazzareno Re. «C'erano diverse città sicuramente più autorevoli della nostra ad essere candidate - ha spiegato - ma la scelta è caduta sulla nostra regione perché è stata la prima a promuovere le nuove iscrizioni, e ormai la percentuale di non partigiani ha raggiunto la quota del 90%».
Di questo, il merito è di Emiliano Ferretti, nome di battaglia 'Ferro'. Comandante partigiano morto nel 2007 che prima di altri capì l'importanza di fare entrare i giovani nell'associazione. Ora, infatti, ad andare nelle scuole medie e superiori marchigiane per parlare di Resistenza trovate molti giovani al fianco dei partigiani rimasti.

Questo è il motivo ufficiale. Ma vorrei ricordare che questa città è stata ribattezzata città-rossa da Mussolini che, proprio per questo carattere ribelle, inviò ad Ancona squadre speciali e le inflisse segni architettonici indelebili (vedi il passetto che ha la forma dell'aquila o il fascio littorio affisso sulla parete rocciosa a destra del porto, sotto San Ciriaco).
Dall'Ancona anarchica di Malatesta partì la settimana rossa. Pochi anni dopo, durante il biennio rosso, la rivolta dei bersaglieri che si rifiutavano di andare in guerra in Albania fu sostenuta da tutta la popolazione. Durante il ventennio, la città ha dimostrato più volte la sua repulsione verso il regime. E, per i lutti e i danni causati dai bombardamenti degli alleati (solo 300 persone sono morte dentro un rifugio!), Ancona ha avuto la medaglia d'oro al valore civile.

Certo, ora la città è cambiata. Ma il suo carattere insofferente e ribelle resta. Forse è per come è fatta e forse è anche grazie al suo porto che le fa vivere situazioni di sofferenza, lontane dal perbenismo e dalla legalità ottusa. Forse è anche per la sua fusione con quello spirito greco e balcanico, duro, scettico, ma anche libero.

Dirsi antifascisti, membri dell'Anpi e parlare di Resistenza non è fuori dal tempo e dalla realtà. Quelle sono le nostre radici che in momenti bui come questi dovremmo non perdere.

Prendiamo la libertà di stampa così messa a dura prova dagli attacchi continui del potere. La Resistenza e l'antifascismo (che durò per tutto il Ventennio) ci testimoniano qualcosa di importante. Qualcosa che vidi scritto su un muro in America Latina: I diritti non si mendicano, si strappano.
La stampa clandestina, la circolazione di materiale contro il regime e la libertà di pensiero non furono cancellati totalmente dal fascismo. Continuarono a esistere, ma le persone che le mantennero in vita rischiarono per primi la loro pelle, la loro libertà e il loro futuro.
Non mi interessa definire quanto sia fascista il potere attuale, quanto sia una dittatura l'Italia in cui viviamo....mi interessa ricordare da dove veniamo. Non bastano scioperi e manifestazioni. L'antifascismo ci dimostra che si può fare anche dell'altro. I giornalisti oggi possono pubblicare libri per liberare gli editori dei giornali dal pericolo di incorrere nelle multe salatissime previste dal ddl sulle intercettazioni e possono addirittura pubblicare evitando le Case editrici tradizionali, attraverso siti come ilmiolibro.it o melostampo.it.
Certo che la situazione è grave e che gli espedienti non possono né giustificarla né legittimarla. Ma basta piangerci addosso. Prendiamoci i diritti. Alla fine resterà solo una domanda: se un paese che costringe le persone a ricorrere a degli espedienti per raccontare la realtà sia davvero democratico. Ma è un problema di definizione. Ora come ora è importante prendere atto del fatto che i diritti non possano calare dall'alto. Dobbiamo prendercerli e rischiare. Come è scritto sul Conte di Montecristo "Resistere è già vincere".

venerdì 11 giugno 2010

Lutto

Ieri il Senato ha approvato il ddl sulle intercettazioni.
Anche questo piccolo spazio si unisce al 'lutto' di stampa e magistratura. Un lutto che spero diventi protesta molto ampia e duratura. Soprattutto, quotidiana.

Il ddl di cui si parla da molto tempo è scandaloso e incoerente. Infatti, quello stesso governo che propone, per chiarezza e rispetto dei cittadini, di mettere i compensi dei giornalisti nei titoli di coda dei programmi Tv, poi, per rispetto dei suoi affari, vieta di fare conoscere alla giustizia e alle persone i grandi abusi di potere, corrotto e mafioso, che questo paese subisce.

Se siamo arrivati a questo punto, è anche responsabilità nostra: i cittadini e i giornalisti dovevano fare qualcosa per impedire il progredire di questo tipo di sistema. Non ci siamo riusciti? o forse non lo abbiamo fatto bene e nel modo giusto? Allo stesso tempo, è totalmente responsabilità nostra fare in modo che lo scempio di questa democrazia non vada avanti. Cos'altro devono farci, per capirlo e agire?

lunedì 7 giugno 2010

Lezione di geografia


Oggi, a pagina 6 del quotidiano "La Stampa" c'era un articolo sul negoziato tra Fiat e sindacati per la produzione della Panda a Pomigliano D'Arco (Na).
I lettori mi perdoneranno se in questo post non parlo della questione Fiat, ma di un argomento forse più stupido, ma a mio avviso altrettanto significativo.
A pagina 6, infatti, c'è anche un bel grafico a supporto dell'articolo. C'è una cartina d'Italia in cui sono segnati i confini delle regioni e quelle in cui si trovano impianti Fiat sono evidenziate. Viene menzionata la città in cui c'è lo stabilimento del Lingotto con tanto di provincia di appartenenza.
Scorro le varie regioni, città, province e poi qualcosa non mi torna. Ad un certo punto leggo, infatti, che a Val di Sangro, in provincia di Chieti, si produce il Nuovo Ducato. Ma secondo "La Stampa" Val di Sangro, in provincia di Chieti, sta nelle Marche. Poi però, la regione colorata nella cartina è quella giusta: l'Abruzzo.
E visto che ogni tanto si parla di abolizione e nascita delle province, vorrei proprio dedicare questo post a tutti quelli che non solo non conoscono la geografia, ma che non sono neanche colti dal dubbio di dovere controllare. Almeno su Wikipedia.....

Allora, ricominciamo. Le Marche è una regione dell'Italia centrale. Confina a nord con l'Emilia-Romagna e la Repubblica di San Marino; a ovest con Toscana, Umbria e Lazio; a sud con l'Abruzzo e a est è interamente bagnata dal mare Adriatico.
Il capoluogo è Ancona, il cui nome deriva dal greco e significa "gomito". Infatti, se si guarda la cartina, il punto su cui sorge Ancona, ai piedi del monte Conero, sembra proprio un gomito.
Le province sono: a nord Pesaro-Urbino; al centro Ancona; più sotto Macerata; Fermo e Ascoli Piceno. Non sono molti i marchigiani, poco più di un milione e mezzo di anime. In compenso, è la Regione d'Italia con il più alto numero di teatri. Non solo, le Marche contiene più teatri di tutti quelli che le altre regioni italiane possono mettere insieme.
La regione soddisfa tutti, avendo montagne su cui si può sciare, colline sui cui passare delle belle giornate di riposo, pianura per le città più popolate e mare in cui nuotare. Lo stemma mostra un picchio, che è parte della M di Marche, appunto.
La regione ha avuto un passato sotto lo stato Vaticano (nessuno è perfetto!) ed è per questo, si dice, che non ci siano mezze misure tra il popolo marchigiano: o clericali o anarchici. La Resistenza marchigiana è stata, infatti, una delle più attive e la più importante dell'Italia centrale, pur essendo a volte scollegata al suo interno, a causa della morfologia del territorio che rendeva ostico il collegamento tra i vari grupp.
Attualmente è retta dal Pd di Gian Mario Spacca, ma è l'unica regione in cui le tre sinistre (Rifondazione Comunista, Comunisti italiani, Sinistra ecologia libertà) si sono presentate unite raggiungendo il 7,2% alle scorse elezioni.
Tanti sono i personaggi noti nati in questa terra e io potrei continuare all'infinito a parlare delle mie Marche. Ma mi fermo qui. Il succo di tutto questo post erano:
1) la ricollocazione di Val di Sangro nell'apposita regione;
2) il suggerimento a tutti i dubbiosi, che evidentemente non hanno figli alle scuole elementari che girano per casa recitando a memoria le province d'Italia, di controllare e di dubitare della propria sapienza!