giovedì 24 giugno 2010

Associazione Nazionale Partigiani d'Italia


Inizia oggi ad Ancona la seconda festa nazionale dell'Anpi e durerà fino a domenica 27 giugno. La stupenda Mole Vanvitelliana ospiterà artisti, forum, incontri, presentazioni di libri, concerti e spettacoli teatrali.
Ma perché proprio Ancona? I motivi sono molti.
Iniziamo con quanto ha detto il presidente regionale dell'Anpi Nazzareno Re. «C'erano diverse città sicuramente più autorevoli della nostra ad essere candidate - ha spiegato - ma la scelta è caduta sulla nostra regione perché è stata la prima a promuovere le nuove iscrizioni, e ormai la percentuale di non partigiani ha raggiunto la quota del 90%».
Di questo, il merito è di Emiliano Ferretti, nome di battaglia 'Ferro'. Comandante partigiano morto nel 2007 che prima di altri capì l'importanza di fare entrare i giovani nell'associazione. Ora, infatti, ad andare nelle scuole medie e superiori marchigiane per parlare di Resistenza trovate molti giovani al fianco dei partigiani rimasti.

Questo è il motivo ufficiale. Ma vorrei ricordare che questa città è stata ribattezzata città-rossa da Mussolini che, proprio per questo carattere ribelle, inviò ad Ancona squadre speciali e le inflisse segni architettonici indelebili (vedi il passetto che ha la forma dell'aquila o il fascio littorio affisso sulla parete rocciosa a destra del porto, sotto San Ciriaco).
Dall'Ancona anarchica di Malatesta partì la settimana rossa. Pochi anni dopo, durante il biennio rosso, la rivolta dei bersaglieri che si rifiutavano di andare in guerra in Albania fu sostenuta da tutta la popolazione. Durante il ventennio, la città ha dimostrato più volte la sua repulsione verso il regime. E, per i lutti e i danni causati dai bombardamenti degli alleati (solo 300 persone sono morte dentro un rifugio!), Ancona ha avuto la medaglia d'oro al valore civile.

Certo, ora la città è cambiata. Ma il suo carattere insofferente e ribelle resta. Forse è per come è fatta e forse è anche grazie al suo porto che le fa vivere situazioni di sofferenza, lontane dal perbenismo e dalla legalità ottusa. Forse è anche per la sua fusione con quello spirito greco e balcanico, duro, scettico, ma anche libero.

Dirsi antifascisti, membri dell'Anpi e parlare di Resistenza non è fuori dal tempo e dalla realtà. Quelle sono le nostre radici che in momenti bui come questi dovremmo non perdere.

Prendiamo la libertà di stampa così messa a dura prova dagli attacchi continui del potere. La Resistenza e l'antifascismo (che durò per tutto il Ventennio) ci testimoniano qualcosa di importante. Qualcosa che vidi scritto su un muro in America Latina: I diritti non si mendicano, si strappano.
La stampa clandestina, la circolazione di materiale contro il regime e la libertà di pensiero non furono cancellati totalmente dal fascismo. Continuarono a esistere, ma le persone che le mantennero in vita rischiarono per primi la loro pelle, la loro libertà e il loro futuro.
Non mi interessa definire quanto sia fascista il potere attuale, quanto sia una dittatura l'Italia in cui viviamo....mi interessa ricordare da dove veniamo. Non bastano scioperi e manifestazioni. L'antifascismo ci dimostra che si può fare anche dell'altro. I giornalisti oggi possono pubblicare libri per liberare gli editori dei giornali dal pericolo di incorrere nelle multe salatissime previste dal ddl sulle intercettazioni e possono addirittura pubblicare evitando le Case editrici tradizionali, attraverso siti come ilmiolibro.it o melostampo.it.
Certo che la situazione è grave e che gli espedienti non possono né giustificarla né legittimarla. Ma basta piangerci addosso. Prendiamoci i diritti. Alla fine resterà solo una domanda: se un paese che costringe le persone a ricorrere a degli espedienti per raccontare la realtà sia davvero democratico. Ma è un problema di definizione. Ora come ora è importante prendere atto del fatto che i diritti non possano calare dall'alto. Dobbiamo prendercerli e rischiare. Come è scritto sul Conte di Montecristo "Resistere è già vincere".

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