L'artista statunitense Patti Smith, poetessa, cantante, musicista e pittrice, si è esibita sabato scorso (31 luglio) a Civitanova Marche. Una delle tante tappe del suo tour We shall live again. Un titolo, questo, che prende spunto da una sua canzone, "Ghost dance" del 1978, che tratta dello sterminio delle popolazioni indigene d'America nei secoli dell'invasione europea.
Ogni concerto di Patti Smith è rigenerante, materno. Ti coccola e allo stesso tempo ti svela la meschinità di quanto ci circonda. Ma non tutto si esaurisce in quel pantano di guerre, potere ed egoismi che le parole e la musica di Patti Smith descrivono. "We shall live again". C'è una "resurrezione" che passa attraverso l'arte, la poesia, il rock e l'amore. Soprattutto, come spesso ripete lei stessa nei suoi concerti, bisogna essere forti e ribellarsi; usare la propria testa e il proprio cuore. Il suo è un richiamo al coraggio. Quello che ha avuto lei stessa quando, appena ventenne e già madre, è scappata dalla provincia e si è rifugiata a New York. Ha dormito per mesi tra metropolitane e parchi vivendo alla giornata, con qualche poesia e qualche lavoro in libreria. Fino all'incontro con un giovane e non ancora affermato Mapplethorpe e tutti gli artisti newyorkesi della fine degli Anni 60 e l'inizio dei 70. Il coraggio, insomma, di essere liberi, di tentare di opporsi al sistema e di essere "outside of society" come ha scritto in Rock 'n roll nigger.
Da molti anni seguo Patti Smith nelle sue peregrinazioni italiane e nella sua evoluzione artistica. I suoi ultimi album sono molto diversi da quelli iniziali e non sempre mantengono quella potenza e quella innovazione che hanno contraddistinto i primi venti - venticinque anni di produzione di Patti Smith. La sua voce, però, sembra migliorare nell'invecchiamento, proprio come il vino. E' sempre più pulita e precisa. Raggiunge tonalità molto profonde e cupe, quasi inusuali per una voce femminile. Garantisce una espressività fatta di vocalizzi mai banali e ripetitivi, volumi sempre diversificati per sottolineare il testo e un'intonazione sempre impeccabile. Una voce potente che cresce in sensibilità. (Una nota di non poco merito se si contano tutti i Grandi sfiatati...).
Sarò di parte, ma il mio consiglio è di non perdere nulla di questa donna, cantante e artista, che molto ha dato e continua a dare all'arte e al benessere di tutti noi. Lo fa in un modo discreto, senza troppe copertine e interviste, senza enfasi sul suo lavoro o sugli anni '70, senza considerarsi una diva, nè un mito, nè un'eroina. Sempre nei suoi panni comodi, ma senza più tante giacche di pelle, forse un po' vecchie per la sua età!
Ogni concerto di Patti Smith è rigenerante, materno. Ti coccola e allo stesso tempo ti svela la meschinità di quanto ci circonda. Ma non tutto si esaurisce in quel pantano di guerre, potere ed egoismi che le parole e la musica di Patti Smith descrivono. "We shall live again". C'è una "resurrezione" che passa attraverso l'arte, la poesia, il rock e l'amore. Soprattutto, come spesso ripete lei stessa nei suoi concerti, bisogna essere forti e ribellarsi; usare la propria testa e il proprio cuore. Il suo è un richiamo al coraggio. Quello che ha avuto lei stessa quando, appena ventenne e già madre, è scappata dalla provincia e si è rifugiata a New York. Ha dormito per mesi tra metropolitane e parchi vivendo alla giornata, con qualche poesia e qualche lavoro in libreria. Fino all'incontro con un giovane e non ancora affermato Mapplethorpe e tutti gli artisti newyorkesi della fine degli Anni 60 e l'inizio dei 70. Il coraggio, insomma, di essere liberi, di tentare di opporsi al sistema e di essere "outside of society" come ha scritto in Rock 'n roll nigger.
Da molti anni seguo Patti Smith nelle sue peregrinazioni italiane e nella sua evoluzione artistica. I suoi ultimi album sono molto diversi da quelli iniziali e non sempre mantengono quella potenza e quella innovazione che hanno contraddistinto i primi venti - venticinque anni di produzione di Patti Smith. La sua voce, però, sembra migliorare nell'invecchiamento, proprio come il vino. E' sempre più pulita e precisa. Raggiunge tonalità molto profonde e cupe, quasi inusuali per una voce femminile. Garantisce una espressività fatta di vocalizzi mai banali e ripetitivi, volumi sempre diversificati per sottolineare il testo e un'intonazione sempre impeccabile. Una voce potente che cresce in sensibilità. (Una nota di non poco merito se si contano tutti i Grandi sfiatati...).
Sarò di parte, ma il mio consiglio è di non perdere nulla di questa donna, cantante e artista, che molto ha dato e continua a dare all'arte e al benessere di tutti noi. Lo fa in un modo discreto, senza troppe copertine e interviste, senza enfasi sul suo lavoro o sugli anni '70, senza considerarsi una diva, nè un mito, nè un'eroina. Sempre nei suoi panni comodi, ma senza più tante giacche di pelle, forse un po' vecchie per la sua età!